- Piatti per tutti i giorni - Parco Culturale di Camaiano

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Tutti gli altri giorni invece la cucina era ancora più semplice,
a pranzo come a cena gli ingredienti di base erano sempre le verdure dell’orto con cui si preparava di tutto:
IL BORDATINO:
dopo i primi freddi il cavolo nero era proprio tenero al punto giusto per preparare questa zuppa deliziosa: si rosolava tanto porro (anche se qualcuno dice che era meglio il soffritto classico con carota, sedano e cipolla), poi si univa il cavolo nero tritato fine fine e si lasciava appassire a fuoco basso. Quindi si univa abbondante brodo di fagioli rossi (di Lucca, mi raccomando), lessati in precedenza, metà passati e metà lasciati interi. Dopo 15’ circa di ulteriore cottura si univa il "brillo", cioè la farina di mais macinata grossa, e sempre mescolando si portava a cottura per circa 40’……. non provate a farla con la polenta precotta perché viene tutta un’altra cosa!
MINESTRA LOMBARDA
….chissà perché si chiamava così....
Maria Assunta diceva che ci volevano per forza i fagioli cannellini e dopo averli ammollati una notte li lessava piano piano nella pentola di coccio con aglio e salvia... perché non si poteva più farli cuocere nel fiasco dentro la cenere del forno a legna ormai spento…. poi bastava arrostire delle belle fette di pane posato, mettere sopra un ramaiolo di brodo e fagioli, un filo d’olio e una macinata di pepe: ecco fatto, la cena più buona del mondo.
I TOPINI
Per la gioia dei bimbi si facevano gli gnocchi di patate: patate (naturalmente quelle dell’orto di casa) che lessate con la buccia e lasciate raffreddare, venivano poi schiacciate col passatutto spesso dai bambini. Sulla spianatoia si univa il tuorlo d’uovo (se c’era) e la farina… quella buona, tanta quanto serviva a fare un impasto solido. Poi si facevano i rotolini e, dopo averli tagliati con il coltello a pezzetti, gli si dava la "ditata" perché diventassero veri "topini". Dopo averli lessati velocemente si condivano con burro e formaggio e una grattatina di noce moscata.
MINESTRA DI BUCCE DI PISELLI
In primavera zia Giulia faceva la minestra di bucce di piselli; servono naturalmente i piselli con i baccelli belli grossi e freschi che hanno una buccia spessa, si sgranano e si recuperano tutte le bucce, si lavano e si mettono in pentola a bollire con acqua e patate a pezzetti per mezz’ora o poco di più, quindi si passa il tutto (ma mi raccomando con il passatutto perché le bucce hanno i "fili"). La crema che si ottiene si aggiusta di sale e pepe e se vogliamo anche peperoncino (a proposito: nella nostra zona il peperoncino si è sempre chiamato zenzero, niente a che vedere con la radice di ginger che allora era sconosciuta).
Si serve nei piatti  con un bel giro d’olio e dadini di pane tostato.
CHIOCCIOLE MARINELLE
In autunno, se aveva piovuto, nonne e bimbi andavano a fare chiocciole (piccoline e grigio-marrone) nei campi e lungo i fossi vicino a casa.
Si spurgavano come solo la nonna sapeva fare, con segatura o cenere e nepitella e quest’operazione durava alcuni giorni. Una volta spurgate, si cuociono in un trito di aglio e nepitella rosolato in olio, si uniscono le chiocciole con sale e pepe o peperoncino, quindi si aggiunge pomodoro a pezzettoni (dalle conserve preparate in casa durante l’estate) e si lascia cuocere il tutto per circa 2 ore a fuoco lentissimo. Se il sugo dovesse asciugarsi troppo aggiungere acqua calda q.b.
IL CAVOLO STRASCI’ATO
Il cavolfiore (così detta "palla") deve essere rigorosamente freschissimo, appena raccolto nell’orto, bello croccante. Si taglia a grossi pezzi e poi si scotta in acqua bollente per alcuni minuti, quindi si “strasci’a” in una padella dove si è fatto rosolare aglio e peperoncino con olio extravergine di oliva, unendo del concentrato di pomodoro sciolto in acqua calda, e si mescola fino a quando è cotto.
FAGIOLINI IN FRICASSEA
Nonna Lida coglieva i fagiolini nell’orto e dopo essersi fatta aiutare dal nipotino a pulirli (per i bimbi era un bel gioco aiutare le nonne in cucina….) li lessava brevemente e poi li metteva in una padella, dove rosolava la cipolla (quando erano teneri cuocevano presto) poi spengeva il fuoco e univa l’uovo sbattuto con limone fino a che si rapprendeva formando appunto “la fricassea” che si gustava inzuppando tanto pane….fino a levarsi la fame!
Il lunedì, se avanzava il lesso dal pranzo della domenica, c’erano diverse alternative; le più comuni erano:
POLPETTE DI PATATE,
fritte e belle croccanti da mangiarsi subito con le mani fino a scottarsi le dita.
Si passava il lesso con il tritacarne (a mano) insieme all’aglio abbondante e al prezzemolo, quindi si mescolava alle patate lessate e schiacciate, si univa il tuorlo d’uovo e, formate le polpette si passavano nel pangrattato, poi si friggevano in abbondante olio.

Oppure:
LA FRANCESINA,
la preferita da nonna Clorinda che faceva il lesso a pezzettini e poi lo ripassava in padella in un sugo fatto con tante cipolle a fette e pomodoro a pezzi.  
Si racconta che questa ricetta fu importata da marinai francesi… chissà se è vero perché di francese "un c’ha nulla".
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